Un piccolo reminder su contenuti, modalità e tempi di deposito (e qualche consiglio)
La fotografia del reporting delle Società Benefit restituita dallo Studio che Goodpoint ha presentato la scorsa primavera, suggerisce che si possa chiedere alle aziende qualche passo avanti in termini di consapevolezza, solidità e qualità delle Relazioni d’Impatto.
Ci sta: se le Società Benefit sono nate per indicare la strada verso un “nuovo modello economico”, siamo solo all’inizio del percorso. Ma come lavorare per rispondere meglio all’esigenza (di trasparenza, ma anche strategica) di valutare la capacità di generare beneficio comune?
Innanzitutto: cosa richiede la legge?
La Relazione rappresenta un allegato del bilancio di esercizio, pertanto andrebbe prodotta, approvata e depositata negli stessi tempi (per molte aziende questo significa che va conclusa entro fine marzo ai fini dell’approvazione da parte dell’organo di governo). Successivamente, va resa accessibile agli stakeholer pubblicandola almeno sul proprio sito internet (non ci sono scadenze precise, e spesso quella che viene diffusa è un prodotto di comunicazione più curato, con attenzione allo storytelling e alla grafica).
La normativa specifica poi che la Relazione debba contenere 3 tipi di informazioni: la rendicontazione rispetto alle specifiche Finalità di Beneficio Comune (quelle inserite in Statuto all’atto della trasformazione), la definizione degli obiettivi futuri e la valutazione di impatto complessivo secondo uno standard di valutazione terzo e indipendente (che rispetti alcune caratteristiche, definite dalla norma L. 28-12-2015 n. 208, comma 382).
Alcuni consigli
Quale equilibrio tra qualitativo e quantitativo? Anche se la norma non lo specifica, è a nostro avviso opportuno identificare dei KPI che diano maggiore solidità alla rendicontazione rispetto al Beneficio Comune, rendendola il più possibile oggettiva. Dopodiché, nessuna misurazione racconta nulla di per sé, se non viene inserito all’interno della cornice di senso data dal commento ai dati.
Perché farla? Perché lo dice la legge, certo. Ma anche per valorizzare il nostro impegno con gli stakeholder (quindi: dovremmo cercare di produrre qualcosa di leggibile, accessibile, chiaro). E – se siamo furbi – anche per definire obiettivi e azioni futuri (quindi: quali sono le cose che ci serve sapere, davvero, per prendere delle decisioni?)
Quando pensarci? Presto! L’impostazione della struttura, la scelta degli indicatori, la scelta dello standard e degli strumenti necessitano un minimo di riflessione. Soprattutto se deve essere un momento di valutazione e ripianificazione strategica.
Quale standard? Ce ne sono molti, con caratteristiche diverse. I più utilizzati sono il B Impact Assessment (BIA), lo Strumento di Autovalutazione della Buona Impresa (SABI), Ecovadis, la Matrice del Bene Comune. La raccomandazione sarebbe quella di scegliere non solo in base alla comodità, ma cercando quello che “vi assomiglia di più”, che meglio risponde alla vostra visione dell’impatto. Assobenefit ha realizzato a beneficio delle imprese associate una prima mappatura di alcuni standard compliant rispetto alla norma (per approfondire: info@assobenefit.org)
Su cosa concentrarsi nel reporting?
Senz’altro è necessario fornire informazioni di base uguali per tutti rispetto alla sostenibilità sociale e ambientale (è quello a cui servono gli standard), ma è altrettanto importante focalizzare l’attenzione sul Beneficio Comune specifico caratteristico della vostra impresa (che è quello che distingue le Società Benefit). Nella nostra ricerca abbiamo focalizzato alcune raccomandazioni per le Società Benefit, a seconda del “profilo di impatto” in cui si riconoscono (per scoprire il profilo di impatto della tua società, puoi rispondere a questo semplice TEST .
- Se sei una Committed to Sustainability: attenzione ad argomentare con dati solidi e all’analisi di materialità rispetto all’impresa e al settore.
- Se sei una Change Maker: hai fatto una promessa importante, deve essere quello il cuore del racconto. Deve essere ben tracciato il percorso di cambiamento e misurati i progressi.
- Se sei una Impact Driven: bene il focus sul cambiamento rispetto al problema specifico, ma attenzione a non perderti il resto delle tue responsabilità come impresa (occhio all’ “alibi del bene”)
- Se sei una Business with Purpose: dovrai valorizzare il “come” del tuo business, trovando però il modo di de-soggetivarlo (ad esempio attraverso la valutazione da parte degli stakeholder, o di esperti del settore).
- Se sei una Impact Booster: la sfida è osservare e raccontare l’impatto indiretto: quanto dipende davvero da te l’impatto generato dalle imprese che aiuti?
Se avete bisogno di una mano, Goodpoint può accompagnarvi nella impostazione e stesura della Relazione di Impatto, con un supporto più o meno intenso a seconda delle vostre esigenze.