A qualche anno di distanza, tre belle storie sulla partnership tra le aziende e la comunità.
Ci pare di notare, ultimamente, qualche primo segnale di scricchiolamento nell’associazione automatica ed esclusiva tra la parola “sostenibilità” e le (importantissime, per carità) tematiche ambientali. Resta però, anche da parte di chi ne è attratto, un certo mistero intorno alla “S” degli ESG. In effetti, anche la UE tentenna nella definizione della S, fermandosi per ora nella tanto attesa categorizzazione ad una tassonomia solo ambientale. Cosa la rende così sfuggente?
Eppure alcuni modi di dare concretezza all’intangibile valore della S ci sono. C’è tutta la dimensione della cura del lavoro e dei lavoratori, innanzitutto (che non può essere ridotta solo a questioni quantitative, e qui casca l’asino nella rendicontazione evidentemente). Ma c’è anche quella che negli anni abbiamo visto chiamare con nomi molto diversi (CSR, Corporate Citizenship, Corporate Shared Value, Corporate Philantropy…) e che oggi rischia di rimanere un po’ ai margini dei nuovi discorsi sulla Sostenibilità: la partnership con la comunità, la co-costruzione di progetti a impatto sociale, che abbiano anche un ritorno per l’impresa (in un’ottica di doppia-materialità – pag.13 – ante litteram, in qualche modo).
In questi giorni abbiamo avuto occasione di ripensare a 3 esempi molto belli di progetti “S” a cui abbiamo lavorato qualche anno fa, che ancora ci riempiono di orgoglio.
Il progetto “Buon Lavoro, la Fabbrica per la Città”, ha compiuto 10 anni.
Promosso da Alessi in collaborazione con il Comune e i Centri per i Servizi Sociali del territorio, è stato un esempio illuminante di come un problema industriale (la sovracapacità produttiva in uno specifico momento storico dell’azienda) potesse essere trasformato in opportunità, generando un impatto positivo per le persone e per il territorio.
Sono passati 10 anni e ancora capita che media e convegni ci cerchino per parlarne.
Nelle scorse settimane è uscito il Podcast “In Galera”, che racconta la storia del primo ristorante aperto all’interno di un carcere, gestito da una cooperativa di detenuti. C’era un po’ di Goodpoint dietro l’incontro tra PwC (una grande e strutturata società di consulenza) e la cooperativa ABC (una simpatica signora non più giovanissima e i suoi dipendenti carcerati), e ancora Goodpoint nella progettazione e nel reperimento delle risorse necessarie per partire. E ancora ne andiamo fieri.
Il 16 ottobre la Fondazione Banco dell’Energia ha inaugurato il progetto “Energia in cooperativa”, un intervento di efficientamento energetico del progetto di Social Housing del Villaggio Barona di Milano. E a noi è venuto in mente il giorno in cui una persona di A2A ha chiamato al fisso dell’ufficio e noi abbiamo pensato si trattasse un’offerta per l’energia… Era, invece, il primo passo di una bella collaborazione, che dallo Studio di Fattibilità iniziale ha portato alla nascita dell’Ente che, in questi anni, ha raccolto 7 milioni di Euro e aiutato più di 10.000 persone in difficoltà nel pagamento delle bollette. Il Banco si sta espandendo in tutta Italia, in particolare nelle aree periferiche che più soffrono del rincaro dell’energia.