World Cafè: il libero scambio di idee

Il “caffè” è storicamente un luogo in cui si parla, si discute, ci si confronta. Uno spazio dove la comunicazione è informale, immediata e aperta. Il World Cafè è una metodologia che nasce proprio da questi presupposti: creare un ambiente di lavoro non convenzionale, che stimoli la libera discussione e lo scambio di idee tra i partecipanti su alcuni temi di rilevanza comune, sotto la guida di alcune domande formulate dai consulenti.

Il World Cafè è una modalità di lavoro che ci piace particolarmente proprio perché è una buona occasione per riflettere su se stessi, riconoscere il valore del proprio sistema sociale e culturale, esplicitare e condividere il proprio profilo identitario e gli elementi valoriali distintivi in modo creativo ma concreto.

Recentemente abbiamo organizzato e condotto un World Cafè in cui i rappresentanti di 18 Enti del Terzo Settore si sono confrontati sul ruolo sociale delle imprese. Gli elementi emersi dallo scambio si sono rivelati interessanti, in particolar modo per quanto riguarda l’atteggiamento delle aziende nei confronti della CSR, che sembra oggi polarizzato tra due estremi: da un lato la “modalità facile” e senza una vera impostazione strategica, progetti spot e poco impattanti realizzati più per visibilità e posizionamento (tipicamente operazioni di marketing molto spinte, o anche la moda del volontariato d’impresa) ma accettati dal non profit come modalità di raccolta fondi; dall’altro un impegno più “strutturato”, una leva di business ed elemento caratterizzante il posizionamento. Questo approccio, più meditato e più strategico, è più interessante dal punto di vista del Terzo Settore che però viene qui paradossalmente messo in secondo piano: le imprese tendono a costruire il proprio intervento in modo diretto e autonomo, anziché guardare alla Comunità e costruire partnership con chi ha già esperienza e competenze.

La buona notizia è che oggi, qualunque sia l’opzione scelta, il non profit sembra guardare al mondo corporate con un’attenzione più matura rispetto al tradizionale approccio del puro fundraising: la sensazione è che – al di là dei soldi, anche se non prescindendo dai soldi – ci sia un potenziale enorme che le aziende oggi non stanno usando (a loro volta incastrate in un approccio “tradizionale”), che rappresenta invece il vero impatto sociale che potrebbero agire in ottica di cambiamento.

I problemi sociali sono grandi e urgenti, è imprescindibile lavorare insieme per affrontarli (aziende, non profit, eventualmente enti pubblici), perché si fa strada la consapevolezza che sui temi sociali, nel lungo periodo, non c’è una vera contraddizione tra bene comune e interesse privato. Lo scenario sembra essere favorevole, in questo senso: la relazione tra profit e non profit si sta gradualmente trasformando, si sta costruendo un terreno nuovo di incontro, fatto di dialogo e scambio di competenze. Un caffè meno amaro?