A cosa serve? A chi serve? Per fare cosa?
Lo scorso 24 ottobre si è tenuto nei nostri spazi di via Don Bosco l’incontro “La Valutazione d’Impatto nel Terzo Settore: esercizio formale o strumento strategico”, con una ventina di Enti, molto diversi tra loro, per riflettere insieme sul senso della Valutazione e sulla sua efficacia.
L’impatto sociale è stato definito, in apertura, come “l’insieme degli effetti – positivi e negativi, intenzionali e collaterali, di breve, medio e lungo periodo – generati per il contesto, in modo diretto o indiretto, dalle attività svolte rispetto all’obiettivo di cambiamento definito”. A prendere sul serio questa definizione, l’obiettivo di una misurazione esaustiva dell’impatto si rivela immediatamente per quello che è: sostanzialmente impossibile.
Ciò non significa però che non sia utile (o anche necessario) fare una valutazione dell’efficacia delle proprie azioni rispetto all’obiettivo. A maggior ragione se l’obiettivo di generare un cambiamento sociale è (come nel caso degli ETS) la ragion d’essere stessa dell’esistenza dell’Ente.
Come rispondere all’esigenza di valutare, pur senza poter (o voler) misurare tutto? Come osservare anche gli aspetti qualitativi e relazionali, che rappresentano spesso l’anima intangibile del progetto sociale? Come dare solidità alla valutazione, anche verso terzi, senza che diventi un esercizio formale, o (peggio) un mattone improponibile e costosissimo?
Di questo e altro si è discusso durante l’evento, provando a ragionare nel modo più concreto possibile sugli ostacoli della valutazione e sugli approcci metodologici disponibili.
Da parte nostra, abbiamo provato a condividere alcuni concetti chiave, che sono il frutto dell’esperienza di questi anni e gli elementi strategici del nostro approccio alla valutazione.
- Avere chiaro lo scopo della valutazione: non «la valutazione da manuale», ma ciò che serve, pensando in anticipo all’output, alla funzione e ai destinatari della valutazione.
- L’impostazione strategica come momento chiave: definire il perimetro, l’oggetto della valutazione, la profondità e i criteri a monte, può far “perdere” un po’ di tempo, ma renderà più fluidi, solidi e coerenti il processo e il suo esito.
- La misurazione è essenziale, ma valutare non è misurare: i dati sono la base (imprescindibile), ma un elenco di dati non dice niente. La valutazione comporta la capacità di dare un giudizio su quei dati, alla luce di criteri definiti.
- Uscire dall’autoreferenzialità: le valutazioni d’impatto sono sempre tutte positive. Un dato piuttosto incredibile (nel senso letterale del termine…). E’ essenziale dare solidità al dato (attraverso un processo serio di raccolta) e alla sua valutazione (attraverso metodologie solide che definiscano correlazione e addizionalità, attraverso il coinvolgimento di esperti e, più importante ancora, l’ascolto degli stakeholder/beneficiari).
- L’Etica della Valutazione: trasparenza (che significa, per esempio, dire anche cosa non funziona e perché); coinvolgimento del team (anche solo in qualità di esperti e testimoni del progetto); partecipazione degli stakeholder nella valutazione, ma prima ancora nell’identificazione delle dimensioni di valutazione (cosa è davvero importante per loro?).
L’approccio metodologico che Goodpoint propone parte da questi principi e si dà questo obiettivo: una valutazione sensata, nella consapevolezza di non poter misurare la luna, ma provando almeno a fare in modo che il dito indichi nella direzione giusta.
Se vuoi approfondire il tema con uno dei nostri esperti di valutazione d’impatto, scrivi a: marco.cremonte@goodpoint.it oppure valentina.zalla@goodpoint.it