Fondazione Buon Lavoro, PwC e Goodpoint presentano un modello open source basato su 5 pilastri per valutare la capacità delle imprese di creare valore sociale nel tempo, con l’obiettivo di stimolare la conversazione sul ruolo delle imprese all’interno della società.
Fondazione Buon Lavoro, con il contributo professionale di un gruppo di lavoro guidato da PwC e Goodpoint, presenta “Il modello della Buona Impresa”, un framework per osservare e valutare la capacità delle imprese di portare un beneficio agli stakeholder, innanzitutto attraverso i pilastri della sua attività: creare e condividere valore economico, dare valore al lavoro dei singoli individui, portare sul mercato prodotti o servizi in grado di rispondere alle esigenze della società.
Il focus dell’osservazione non è la sostenibilità sociale e ambientale, già oggetto di numerosi standard di reporting e misurazione, quanto la capacità di produrre valore per la società, in modo sostenibile nel tempo e per tutti.
La diffusione del modello in logica open source ha l’obiettivo di sollecitare la conversazione con professionisti del settore, imprenditori, amministratori delegati e stakeholder prioritari delle aziende, al fine di condividere i punti cardine dell’osservazione, in modo funzionale a consentire loro di svolgere un ruolo sempre più centrale all’interno della società.
Il modello identifica in particolare 5 pilastri che aiutino le imprese a definire il proprio valore sociale nei confronti dei principali stakeholder. Una “Buona Impresa” lo sarà nel momento in cui il suo purpose riesce a:
- Portare sul mercato buoni prodotti/servizi in grado di rispondere a un bisogno delle persone
- Creare e organizzare un buon lavoro per le persone
- Creare e condividere valore economico puntando non solo alla redditività di breve periodo, ma anche alla crescita del valore dell’impresa nel lungo
- Agire responsabilmente verso l’ambiente e la comunità
- Governare l’impresa in modo trasparente, economicamente e socialmente sostenibile
Il modello punta ad avere una funzione culturale, di orientamento, utile in primis all’imprenditore e più in generale alla società, come chiave di lettura della natura dell’impresa e del suo valore.
Non è uno strumento di rating ma rappresenta una griglia di osservazione e valutazione pensata innanzitutto a beneficio delle imprese, e in particolare degli imprenditori, dei CEO e degli altri stakeholder prioritari, come metodologia di rendicontazione rispetto alle finalità dell’impresa e al suo ruolo sociale.
Una sorta di “check list” rispetto ai punti su cui interrogarsi ed eventualmente individuare aree di miglioramento.
Si rivolge a tutte le aziende interessate ad avere un impatto nel contesto sociale (ad esclusione in questa prima fase della pubblica amministrazione e delle imprese non-profit).
Secondo l’Ing. Michele Alessi, presidente della Fondazione Buon Lavoro – “La società ha bisogno di Buone Imprese. Le imprese stesse, per perseguire il proprio sviluppo nel lungo periodo, hanno bisogno di seguire la loro vocazione naturale: quella di servire la società, facendo bene il proprio mestiere e curando l’impatto che ha sugli stakeholder. Con questo lavoro speriamo di dare un piccolo contributo, di pensiero ma magari anche operativo, alla grande sfida di costruire un’Economia al servizio delle persone”
“La visione di Buona Impresa portata dalla Fondazione Buon Lavoro – afferma Francesco Ferrara, Partner e Corporate Responsibility Leader di PwC Italia – è allineata con il purpose di PwC, “costruire la fiducia nella società e risolvere questioni rilevanti”; abbiamo ritenuto importante contribuire all’iniziativa, che ci consente di applicare una dimensione di responsabilità sociale agli indirizzi strategici delle aziende, sviluppando nuovi modelli sostenibili, necessari per la ripartenza del Paese. Tale visione può costituire un prezioso punto di vista, per le istituzioni finanziarie ed in particolar modo in questa fase economica delicata, al fine di ri-orientare il sistema finanziario dalla stabilizzazione di breve termine a un impatto di lungo periodo, in coerenza con le priorità definite a livello di Commissione Europea in tema di sustainable finance”.
Il prossimo passo dell’iniziativa prevede il confronto con il mondo politico, accademico e imprenditoriale al fine di arricchire il modello, raccogliere ulteriori contributi ed evolverlo secondo una logica “open source”.
A partire dal modello della Buona Impresa, è stato declinato SABI, il Sistema di Autovalutazione della Buona Impresa.