“Se qualcosa non ti piace, cambiala. Se non puoi cambiarla, cambia il tuo atteggiamento. Non lamentarti.” Così diceva Maya Angelou, poetessa che ha vinto numerosi premi letterari e per i diritti civili.
Nella società attuale, tra i messaggi politici, partitici e mediatici in generale, non ci stupiamo più davanti al lamento. Lo riconosciamo e lo accettiamo.
Sicuramente il lamento fa parte della natura umana, ma ci interroghiamo mai sul suo rapporto con la libertà? Il lamento, infatti, può rendere schiavi.
Dal punto di vista psicologico il lamento può equivalere ad un bisogno di condivisione (delle sventure, di una delusione o, semplicemente di un’aspettativa disattesa), oppure, può rispondere ad un bisogno di attenzione.
Nel primo caso, è umano lamentarsi: la condivisione di eventi o emozioni negative è indice di quanto l’essere umano non possa essere isolato, ma abbia un intrinseco bisogno di narrarsi agli altri.
Quando il lamento, però, diventa un patologico bisogno d’attenzione, è rischioso: quello che a volte diamo per scontato è il suo potere distruttivo. Non solo nei confronti di noi stessi, ma anche e soprattutto nei confronti dell’interlocutore: lo trasciniamo in un vortice di negatività dove le piccole gioie del quotidiano sembrano perdere parte del loro (inestimabile) valore.
Il lamento, come tutti i meccanismi capaci di costruire un capro espiatorio, crea dipendenza: una dipendenza sottile e invisibile, perché è più facile crogiolarsi nella negatività che attivarsi e cercare di cambiare le cose.
A volte la positività sembra spaventare, sembra un atteggiamento naïf e ingenuo lasciarsi abbandonare al senso di soddisfazione e gratitudine giornaliera.
Nel nostro lavoro ci capita costantemente di interfacciarci con situazioni dove il disagio sociale è fortemente presente: eppure, vige la reazione. Ogni giorno, capiamo che vince chi è positivo. Perché solo la positività rende liberi. Dal lamento, dalla passività, dalla paura di affermare che “va tutto bene”.
Ognuno di noi dovrebbe fare un esercizio di libertà: liberarsi dalla visione negativa delle cose, sforzandosi di riconoscere la bellezza che la quotidianità custodisce nelle piccole cose, provando ad esclamare ad alta voce che oggi sì, “va tutto molto bene”. Questi grafici fanno pensare…siamo proprio sicuri che vada tutto così male?
