Dicesi gentilezza

La gentilezza è la lingua che il sordo ascolta e il cieco vede” diceva Mark Twain.
In un momento in cui l’odio (e la nostra necessità di dargli sfogo) sembrano avere la meglio, c’è spazio per una riflessione sulla gentilezza? È ancora un valore?

La gentilezza, quella vera, è uno stato permanente dell’animo, una persona gentile lo è naturalmente, sia nei modi che nelle parole. Nella sostanza, dei modi e delle parole, non (o non solo) nella loro forma. Non è necessariamente dolcezza, quindi, ma innanzitutto ascolto, attenzione e cura.
C’è poi l’altra gentilezza, quella che s’impara (a volte con molta fatica) ad usare perché ci conviene, dura giusto il tempo necessario all’uso per poi perdersi nella quotidianità dei nostri comportamenti. Questa gentilezza è forma e basta, può certamente dare risultati, ma non ha la stessa potenza, la stessa capacità di penetrazione, la stessa costante discrezione.

Alla gentilezza è stato dedicato anche un giorno, il 13 novembre. A Fiumicino sono stati regalati fiori ai passeggeri appena atterrati, in Giappone è nato lo “Small Kindness Movement” con quasi 500.000 iscritti, in Canada ci sono stati diversi flash Mob… Ce n’era bisogno? Forse sì, ma che sia per celebrare, non per confinare.

Qualche settimana fa la famiglia Obama, che era stata invitata alle nozze di una sconosciuta, ha risposto facendole i migliori auguri (e forse questo è anche stile). Essendone naturalmente privo, Trump ha fatto della non gentilezza (che confonde con la franchezza) una bandiera politica: la gentilezza è roba da deboli.
Ci può essere molta forza, invece, nella gentilezza. Può muovere montagne, si dice. Se è una gentilezza buona, attenta, trasparente, non affettata. Se è risoluta, con la risolutezza di chi è nel giusto, allora sì che può fare rivoluzioni. Anzi può essere una rivoluzione.

O almeno, è la rivoluzione alla quale cerchiamo di lavorare noi.
L’essere gentili implica il prendersi cura degli altri con rispetto e impegno affinché gli altri stiano meglio di come li abbiamo trovati. È l’obiettivo che – come molte delle organizzazioni e delle persone con cui lavoriamo – ci diamo ogni giorno quando entriamo in ufficio ed è la domanda che ci facciamo ogni sera quando usciamo.
L’abbiamo fatto, oggi, un gesto gentile davvero? Che vuol dire: abbiamo fatto la differenza per qualcuno?

 

Nicoletta Alessi